Il mito della nave dei folli insegna che la società ha spesso messo ai margini i «matti», costringendoli a restare in balìa del mare. È allora fondamentale comprendere ciò che per secoli è stato definito come follia, per poi scoprire le analogie tra questa e le patologie dementigene. Servendosi dei principi dell'antipsichiatria di Basaglia e dell'approccio teorico dell'antropologia medica, l'autore rilegge la malattia di Alzheimer e mostra come i concetti di corpo, mente, malattia e follia siano relativi e dipendenti dal contesto. A queste premesse teoriche, segue una narrazione pratica, il cui filtro è l'esperienza stessa dell'autore, direttore di struttura coraggioso e visionario, che ha saputo creare una nuova cultura organizzativa insieme ad altri audaci colleghi, fino ad arrivare a un cambio di prospettiva e a un gesto concreto: la realizzazione di un nucleo Alzheimer senza forme di contenzione. I passi per la liberazione dalla contenzione (meccanica, manuale, ambientale e farmacologica) e il relativo protocollo di intervento si trovano descritti con dovizia di particolari - e con il sostegno delle fonti giuridiche - nei capitoli conclusivi dell'opera.