Per Shakespeare, come per Platone, il tempo ha una struttura ciclica estranea a qualsiasi coinvolgimento liturgico, ma non certo estranea a una dimensione emotiva. La 'musica delle stagioni', per riprendere un nostro titolo già apparso nel primo volume di questa ricerca (Liguori 2007), è qualcosa che in Shakespeare ha il sapore dell'eternità, ma anche di una dissoluzione progressiva che riguarda i giorni, le notti, i mesi e gli anni che parafrasando il Timeo - accompagnano una generazione che procede nel tempo. Il grande drammaturgo, si sa, è uomo del suo tempo e avverte, insieme ai valori epistemologici rappresentati da Bacone, un'idea tragica secondo la quale per ogni cosa ci sia una stagione. D'altro canto si può dire che nelle sue opere categorie umane come la vanità, la malinconia, l'avidità e la violenza superano come una forza oscura le epoche e i giorni.