Il libro, attraverso un'ottica comparativa e un ampio orizzonte temporale, ricostruisce l'impatto del primo conflitto mondiale sulle forme liberali di governo. Nucleo della ricerca è il rapporto tra principio di autorità e libero gioco delle istituzioni in un contesto dominato dalla forza extragiuridica dello stato d'eccezione. Ad emergere sono le forme di resilienza e adattamento della Città liberale alla dinamica coercitiva del regime dei pieni poteri. Gettando luce anche sulle ambiguità, i limiti e le contraddizioni di questi processi, il libro individua nella dialettica tra governi e parlamenti, tra potere civile e potere militare, tra leader politici e culture istituzionali la chiave di lettura che consente di comprendere in concreto le dinamiche di legittimazione e le logiche di funzionamento dei sistemi di governo nel contesto della mobilitazione totale. È dentro questa cornice che si delinea una delle questioni cruciali e più complesse del nostro tempo: il rapporto tra politica e tecnica, tra passione per il bene comune e governo 'razionale' della società; istanze ora alleate, ora in diretta competizione per l'organizzazione di una società di massa la cui realtà effettiva avrebbe avuto modo di consacrarsi definitivamente proprio negli anni del conflitto, prefigurando l'avvento di una democrazia aperta ad ogni possibile esito storico. Osservare l'Italia all'interno di questa storia significa rivalutare molti elementi di modernità delle sue istituzioni politiche e sociali che né il turbolento dopoguerra, né l'esperienza del totalitarismo imperfetto fascista sarebbero riusciti a cancellare del tutto.