Nell'agosto 1913 un gruppo di austeri signori attrezzati con pendoli, termometri, palloni sonda e teodoliti, si imbarca a Marsiglia e approda a Bombay per un lungo viaggio nel cuore dell'Asia, destinato a interrompersi inaspettatamente nell'agosto del 1914, con la notizia dello scoppio della guerra in Europa. A ideare e dirigere questa spedizione straordinaria è il quarantaquattrenne medico torinese Filippo De Filippi, già noto nel mondo dei viaggiatori dell'epoca per aver accompagnato il Duca degli Abruzzi in Alaska e al K2. De Filippi e i suoi compagni esplorano le valli del Karakorum, dell'Himalaya occidentale e del Turkestan cinese, facendo tappa a Skardu, a Leh, sul ghiacciaio Rimu, sull'altopiano del Dèpsang e a Kashgar, in pieno deserto del Taklamakan: luoghi dai nomi ancor oggi non del tutto familiari, ma che ai primi del Novecento significano un tuffo nell'ignoto. La passione che li muove ha molte componenti: spirito di avventura, rigore scientifico, curiosità tutta umanistica per i popoli e le culture che incontreranno per via. Mappano territori inesplorati, raccolgono campioni di rocce, effettuano rilevazioni gravimetriche, studiano le società e le economie locali di Baiti, Ladakhi, Uiguri, Kirghisi... Eredi di Marco Polo, apriranno la strada ad altri grandi viaggiatori del Novecento come Ardito Desio. E il loro viaggio, anche se si è concluso in maniera imprevista, resta una "grande avventura" che a cent'anni di distanza continua a interessare e affascinare.