Un racconto autobiografico e uno spaccato di rilevanza storica del
passaggio da un’esperienza personale tutta interna alla storia del
comunismo al radicale superamento di alcuni suoi capisaldi teorici e
pratici.
Un racconto autobiografico e uno spaccato di rilevanza storica del
passaggio da un’esperienza personale tutta interna alla storia del
comunismo al radicale superamento di alcuni suoi capisaldi teorici e
pratici. La vicenda umana e politica di Achille Occhetto è irripetibile,
proprio perché si snoda lungo un intero secolo segnato solo da svolte
epocali, e allo stesso tempo si forma e cresce e si connota all’interno
di un partito – il Pci – che per decenni ha avuto tra i suoi «inquilini
naturali» i più vari rappresentanti di quelle svolte – marxisti,
operaisti, cattolici, liberali, crociani, borghesi radicali,
antifascisti – uniti dall’idea dell’esistenza possibile di
un’alternativa di sinistra alla piccola Italia dei compromessi,
dell’opportunismo e della corruzione. E la «svolta» di Occhetto, la
celebre Bolognina, insieme al famoso ossimoro che dà il nome a questo
libro, è l’ultimo atto di un secolo tragico, come tragiche sono le
grandi storie segnate dalle grandi passioni, prima che l’insorgenza
berlusconiana contaminasse con i suoi veleni una sinistra irretita dal
mito del potere. Oggi, che degli ultimi vent’anni della storia politica
italiana abbiamo una visione chiara – e del fallimento dei suoi miti
subiamo ancora le conseguenze la svolta della Bolognina non ci appare
più nel ricordo nostalgico di un tentativo estremo e non riuscito,
perché i sentimenti, le pulsioni e soprattutto gli obiettivi reali che
l’hanno mossa aprono davanti ai nostri occhi una possibilità nuova per
la sinistra e per il futuro dell’Italia.