"Giordano Emiliozzi ha voluto cogliere gli aspetti più quotidiani della vita di una comunità di donne - prima che di monache - votatesi all'eterno, e nei suoi scatti fotografici l'evidente differenza di durata fra l'apparire di volti, di gesti e persino di risate e l'essere ai quali essi appartengono produce una sorta di abisso concettuale o solo - se si preferisce una dizione più lieve - uno scarto di tempi. [...] Il mezzo moderno cerca fra gli interstizi preliminari della clausura; ambirebbe scoprirvi l'anello che non tiene; vorrebbe forse trattenere la stoffa dal divenire intonaco. Emiliozzi però non vi insiste troppo, sicché alla fine la sua stessa macchina forografica si converte, proclamando sommessa in bianco e nero: 'Utere praesenti memor ultimae'."