Roma, 1840. Carlotta Gargalli custodisce nel suo studio una tela bianca, segno di un doloroso segreto: la ragione per la quale ha smesso di dipingere rinunciando al sogno di una vita. Eppure è stata allieva del grande scultore Antonio Canova, una pittrice di successo, almeno nella sua Bologna, dove molti la paragonano alla più nota Elisabetta Sirani. La storia comincia nel 1815, quando l'aspirante pittrice fa ritorno a casa, dopo gli anni trascorsi a Roma come allieva dell'Accademia. Le sue speranze si scontrano con un ambiente chiuso e refrattario al cambiamento. Gli accademici giudicano le sue opere lodevoli ma non paragonabili a quelle dei colleghi di sesso maschile. La madre, Giovanna Carage, la vorrebbe vedere accasata con un buon partito; il padre, il pittore Filippo Gargalli, insiste perché chieda al maestro commissioni di rilievo; la sorella, Anna Sofia, la tormenta con l'invidia non potendo farsi una famiglia propria. Sullo sfondo la Bologna che, dopo la parentesi del Regno italico, ritorna nell'orbita del dominio pontificio. Carlotta si lancia in un'attività febbrile, dipingendo da mattina a sera, cogliendo tutte le occasioni possibili per affermarsi sulla scena pubblica. La sua fama cresce, offrendole importanti riconoscimenti e un'indipendenza economica che le consente di contrarre le nozze. Lui è Carlo Rovinetti, un modesto speziale sposato contro la volontà della famiglia. Dopo un periodo di serenità e la nascita di una figlia, Carlotta rimane vedova e priva di mezzi. Perseguitata dalle difficoltà materiali e dai sensi di colpa, prende una decisione radicale: abbandonare la pittura per sempre. Quando la sua carriera è ormai in declino, un fatto inaspettato segna la svolta, l'inizio di una nuova esistenza come gallerista nella Roma papalina.