Penultimo esemplare della calcolatissima produzione flaubertiana, i "Trois Contes" rappresentano altrettante modalità di quella che si può benissimo designare come l'insaziabile volontà di sperimentazione dell'autore: non opera minore, non opera di rilassamento creativo, ma un vero e proprio vertice della prosa di Flaubert, cumulativo dello sperimentare pregresso, di cui sarà proprio il successivo "Bouvard et Pécuchet" a testimoniare l'istanza terminale e, probabilmente, anche l'esaurimento. Ognuno dei tre racconti esibisce dunque una particolare forma di organizzazione verbale, della quale vengono qui fornite le esemplificazioni esaustive, inerenti ai diversi piani del testo. Di questa prosa, la cui "lavorazione" si presenta come un unicum nel pur vario panorama della narrativa ottocentesca, si può ricordare quanto ebbe ad affermare Proust: "Flaubert trova sin dall'inizio quella forma che è forse la più nuova che esista in tutta la storia della letteratura francese".