Se le azioni umane siano guidate dalla sorte (Tyche) o piuttosto dalla capacità di scegliere (euboulia) è la questione al centro di questo trattato di Plutarco, dalla datazione incerta. Allo stesso modo, l'Autore si chiede se godere di una buona sorte e di un destino propizio immeritatamente conduca a un buon esito nella propria vita o non, piuttosto, a sciagure e se, del resto, sia davvero così positivo che la fortuna ci arrida con i suoi doni senza esserceli però guadagnati in alcun modo. Al centro del dibattito di tutte le principali correnti filosofiche in età tardoantica, la questione viene affrontata nel trattato attraverso il confronto costante con una pluralità di influenze tra le quali Plutarco tenta di trovare un equilibrio. L'Autore non manca di affrontare i grandi temi del Destino, della Provvidenza, del ruolo del pensiero umano nella deliberazione né rinuncia a definirli. Tuttavia, l'intento che più gli sta a cuore resta di natura pedagogica: l'invito ai suoi lettori a non lasciarsi cullare dall'andamento altalenante della buona e della cattiva sorte ma, al contrario, ad abituarsi a una prassi riflessiva metodica, fino a farla diventare una seconda natura, diventando pre-videnti e prov-videnti.