"La casa del padre" nasce da una pagina bianca. Quella su cui è arenato Ismael, scrittore di successo che non riesce più a trovare ispirazione. All'impasse creativa si aggiungono i fantasmi ridestati dalla convivenza con il padre: Ismael è costretto a entrare, recalcitrante, in un regno popolato da silenzi che riprendono voce, gli scavano dentro, come quegli spari in montagna che continua a sentire nella testa. Atti mancati, bugie gravide di conseguenze come nuvole nere che nessun vento disperde. A fianco di Ismael, paziente, servizievole, c'è sempre stata Jasone. Jasone così attenta, così brava a rivedere i suoi testi, sempre al suo fianco. Ma, ultimamente, nei suoi occhi si è accesa una luce diversa, ha sempre qualcosa da fare, qualche posto in cui andare, si muove nello spazio come se custodisse un segreto. È Jauregi, l'editore del marito e suo vecchio compagno di università, che ha fatto scoccare la scintilla, risvegliando una donna che sembrava sepolta, superata. E poi c'è Libe, la sua amica per la pelle: a differenza del fratello Ismael, è stata in prima fila nella militanza politica. Sembra guardare tutti dall'alto del suo ardimento, della sua coerenza, dell'impegno. Mentre Ismael osservava, da lontano, lei era dentro il conflitto basco. Ora è a Berlino, e convive con Kristin, sembra ancora sicura di sé, ma il ritorno alla casa del padre riaccende in lei paure che non sapeva nemmeno di provare. Karmele Jaio ci porta al cuore di un altro conflitto, antichissimo, sociale, esistenziale. Quello fra l'uomo e la donna, fra i ruoli, le posizioni, le reciprocità. Indaga sull'incapacità di mettersi l'uno nei panni dell'altra, e sulla meraviglia che accade quando i segreti uniscono, invece di dividere.