È la primavera del 1910. Gustav Mahler, il corpo avvolto in una calda coperta di lana, siede sul ponte di passeggio dell'Amerika, la nave che lo sta portando dagli Stati Uniti verso l'Europa. L'oceano è una distesa grigia e inerte nella luce del mattino. Nell'aria, solo l'odore dell'acciaio e del vento che soffia impetuoso dal nord. Mahler non ha ancora cinquant'anni ed è già un mito come direttore d'orchestra. A Vienna, nei giorni delle prime al teatro dell'Opera imperiale, la gente si azzuffa per accaparrarsi gli ultimi biglietti, e vedere cosí quel piccolo ebreo irrequieto mettere in riga l'orchestra migliore e piú testarda del mondo. Eppure Mahler sconta quella fama con il dramma di un corpo che si consuma. È malato, cosí malato da avere distolto Alma dal proposito di lasciarlo. Madre delle sue figlie, della piccola Anna e di Maria, la bambina perduta, Alma, la donna piú bella e desiderabile di Vienna, si è innamorata di Walter Gropius, l'architetto, un giovane magro e grigio agli occhi del direttore d'orchestra osannato a Vienna e a New York. Mahler l'ha supplicata, implorata, si è esposto al ridicolo, si è inflitto le piú atroci umiliazioni per convincerla a non lasciarlo. Non è servito a niente. Soltanto il presentimento della morte imminente è riuscito a farla restare. Ora Alma è a bordo dell'Amerika insieme con Anna. Lo assiste, lo tratta con premura. Vuole forse rendere piú facile il trapasso a un uomo anziano? Con la schiena poggiata sull'acciaio della nave, Mahler si interroga sulla caducità della vita, dell'arte e, soprattutto, dell'amore. Che senso ha ancora l'amore per Alma? Che senso ha che sia rimasta con lui, se non quello semplice, chiaro: «un uomo muore, una donna vive»?