Per prendere consapevolezza dei meccanismi che portano alla legittimazione delle disuguaglianze, possiamo immaginare una metaforica «OFFICINA DEGLI IMMAGINARI», all'interno della quale una specifica catena di produzione, attraverso modalità predefinite, consente di ottenere un certo prodotto. Analizzeremo quindi cosa e come viene prodotto e chi dirige la produzione. Il PRODOTTO "primo" di questa metaforica officina è una pervasività delle forme della disuguaglianza, le quali stabiliscono «una grottesca definizione di vite che contano (e dunque degne di lutto se muoiono) e vite che non contano». Le modalità di giustificazione di queste disuguaglianze sono governate da logiche strumentali per la difesa del potere e delle sue prerogative, dei propri privilegi e sicurezze, a prescindere dalle conseguenze che le azioni di un governo o di un gruppo sociale producono su tutte le altre zone del mondo. Ad esempio, le nazioni occidentali sono consapevoli di alimentare un sistema produttivo e di adottare uno stile di vita con una portata distruttiva a livello globale, eppure lo rivendicano in quanto loro diritto: hanno il potere di farlo. Il sé altro, marcato da una differenza, viene relegato ai margini, come sacrificabile, o anche oltre quei margini, nella zona del non-essere. In questo modo, viene posta una cesura fra ciò che umano e ciò che non lo è, delineando così two humanities, ossia la concezione di un'umanità biforcata tra sub-umani e super-umani, che scorre sottotraccia impedendo una piena uguaglianza sociale. Il concetto di "umano" è storicamente variabile e determinato dai contesti e dalle forme non egualitarie assunte dal potere sociale e politico. Queste forme sociali di potere forgiano la dimensione inconscia dei soggetti, istituendo in modo profondo e letale determinate strutture mentali che pongono distanze, confini e barriere fra loro stessi e chi è considerato distante in senso geopolitico, economico o culturale. Quali sono gli immaginari che influiscono nella relazione con l'Alterità, legittimandone la conflittualità? È importante anche riconoscerne le radici perché hanno origini molto lontane e, sedimento dopo sedimento, sono giunte a noi, con una forte valenza simbolica ed emotiva. Certamente l'IMMAGINARIO INDIVIDUALISTA contribuisce all'eliminazione dell'Alterità. Lo stato di natura, concepito dai principali esponenti del pensiero liberale come Hobbes, Locke e Rousseau, crea un immaginario tale per cui vi è, in origine, un uomo adulto, «autosufficiente, indipendente, saturo di amore per se stesso e senza alcun bisogno di altre persone» in lotta con altri uomini adulti per la strenua difesa dei propri interessi egoistici e per stabilire il proprio diritto personale di proprietà e di dominio. È quindi una narrazione che non inizia dal principio, bensì nel mezzo di una storia che non viene affatto raccontata: in origine, vi è un maschio, adulto, senza bisogni, che viene presentato come mai stato bambino, mai dipeso da figure genitoriali o da istituzioni sociali, mai oggetto di Cura. L'annullamento dell'importanza e della trasversalità della dipendenza e della vulnerabilità, in quanto esseri umani, in questa storia fondativa della vita sociale ed economica, sottolinea che «lo sterminio dell'Alterità costituisce la preistoria di questa preistoria». Questa narrazione, che ha preso piede in una situazione storica di conflitto sociale, può favorire la legittimazione dell'accrescimento del potere statale e dei suoi strumenti di violenza e può anche essere utile nel tentativo di comprensione del populismo. Associando i valori del predominio e della forza al successo, legittima le forme di dominio fra gruppi e lo sfruttamento di altre specie e delle risorse terrestri e fissa in una posizione gerarchica inferiore le dimensioni umane della Cura e della Vulnerabilità.