«Io sono un istrione / ma la genialità è nata insieme a me / nel teatro che vuoi / dove un altro cadrà, / io mi surclasserò...». Così inizia il grande successo di Charles Aznavour L'istrione, che ha ispirato il titolo di questo quinto lavoro letterario di Nazareth Simoncelli. Il sottotitolo (Il vero baro non ricorda tutte le carte, ma te lo farà credere) ne circoscrive il tema, che spazia ben oltre, come indicano i vari capitoli: Non sarai mai solo con una personalità multipla / Credo che molte persone si spaventerebbero se nello specchio, invece del loro viso, vedessero la loro anima / Ognuno è demone di se stesso e rende il mondo il suo inferno / Anni fa soffrivo di sdoppiamento della personalità. Poi lui è guarito e io ora m'annoio / Un amico al potere è un amico perduto / La fiducia è l'unico regalo che non riceverai due volte... Non manca un Epilogo seguito da un Post Scriptum, come a prolungare l'interesse e l'attesa. Prima de L'Istrione, che potremmo anche definire "romanzo psicologico", Simoncelli ha pubblicato: Aeternum, romanzo storico d'esordio, Il Lupo, noir di fine Ottocento, Amici per la pelle, thriller montano, e la favola poetica La Zucca violina. E per non far mancare illustri agganci letterali, ecco la premessa con l'incipit dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto: «Le donne, i cavalieri, l'arme, gli amori. / le cortesie, l'audaci imprese io canto...», premessa dai critici comparata all'incipit della "Gerusalemme liberata" del nostro mirabilissimo Torquato Tasso: «Canto l'arme pietose e 'l capitano / che il gran sepolcro liberò di Cristo». Tutto per dire che anche il nostro "Nazareth" si limita a concludere "Io canto".