«La grande trasformazione» del XX secolo di cui ha scritto lo storico Karl Polanyi parla della crisi dei tradizionali Stati liberali e delle trasformazioni legate alle economie di mercato. Istituzioni politiche, strutture economiche, aspetti culturali: tutto appare connesso e tutto cambia velocemente quasi senza eventi traumatici, come «una veloce e silenziosa corrente di mutamento che inghiotte il passato spesso senza neanche incresparsi alla superficie».
E' proprio quanto è avvenuto con i consumi, che hanno mutato dal profondo le società e le culture contemporanee, divenendo un elemento quotidiano e pervasivo – quasi senza che ce ne rendessimo conto.
Ancora fino agli anni Sessanta, forse Settanta, del Novecento, il principale paradigma che veniva alla mente per definire la società era legato alla rivoluzione industriale, e quindi alla produzione in serie, alla fabbrica come fulcro del mondo del lavoro, ai conflitti di classe come riverbero delle differenti posizioni economiche. Solo dagli anni Ottanta si è cominciato a comprendere che ci si trovava in una situazione ormai molto diversa, dove il centro dinamico era costituito dal mercato e dal consumo, come già avevano intuito le società di marketing, le agenzie di pubblicità, le imprese market-oriented e in genere la cultura commerciale del tempo. "Consumare" cessava di essere un atto banale al termine della filiera produttiva, dove il prodotto veniva appunto usato e distrutto, ma si caricava di significati culturali e diventava un atto rilevante.