Lo scrittore toscano è il primo narratore che sceglie di ambientare le proprie storie in una Capitale in piena trasformazione, in crescita come "l'immoralità speculativa", che vede la borghesia in ascesa muoversi scomposta e rampante. È la Roma di Gregorio Ferramonti, vedovo e soprattutto ricco. Svanita la speranza di vedere uno dei figli succedergli nell'attività, il vecchio mantiene intatta l'ingordigia d'avaro e vende il forno grazie al quale ha fatto fortuna. Da quel momento l'eredità è contesa fra i tre figli: Mario lo scavezzacollo viziato dalla defunta madre, "capace di ogni porcheria", Pippo, ingenuo e sprovveduto alla mercé della moglie, e Teta, sottomessa all'avido marito Paolo Furlin. Attorno a tutti ruota lei, Irene Carelli, "dagli occhi profondi che illanguidavano all'ombra delle ciglia lunghissime". Vuole la ricchezza, Irene, ed è disposta a tutto pur di vivere al di sopra del popolo che disprezza.