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Costretto ad affrontare la realtà a causa dell’incidente in cui sono rimasti coinvolti la figlia, il genero e il nipote Checco, unico superstite, Massimo sale al nord, in mezzo alla nebbia, in mezzo alla sofferenza di una camera di ospedale, ai pianti degli altri.
“Erano otto anni che non si muoveva dall’isola, restringendo progressivamente il campo nel quale la sua vita si svolgeva, secondo una sequenza di eventi sulla quale esercitava un pieno controllo, o così credeva.”
Abituato a gestire la vita con la logica e la razionalità della matematica, Massimo si trova suo malgrado a dover affrontare dei doveri più sentimentali che oggettivi, la perdita, l’accudimento, con un senso di straniamento e il desiderio ignobile ma umano di fare presto ritorno a casa.
Attaccato a una macchina, in un letto, c’è il corpo di un nipote che lui non ha mai conosciuto a fondo, dieci giorni d’estate, lui a pescare, il bambino a guardarlo, in attesa di un cenno: quell’uomo alto forte e silenzioso, che giocava a non riconoscerlo, era un po’ il suo eroe, tutto quello che lui avrebbe voluto essere.
“Io sono Petrini Francesco di anni nove, signor pescatore. Detto Checco.”
Massimo è stato un nonno che non ha mai abbracciato, non ha mai baciato, e si ritrova inchiodato a un capezzale spiazzante, costretto ad annodare i fili di un’armonia sconosciuta: lui, cuore freddo aggrappato alla sua logica, cerca di capire le variabili e le incognite, non solo quelle dei fatti di un incidente strano, ma quelle delle emozioni che gli sono ignote, e che non sempre sono misurabili. Ne ha bisogno, perché quello è il suo modo di misurare la realtà, per poterla gestire.
Il conflitto di ragione e sentimento secondo Maurizio de Giovanni: L’equazione del cuore si muove sul terreno impervio dell’emozione, con i piedi saldi nella logica. Perché Massimo, abituato a non parlare mai con nessuno, inizia un dialogo con il nipote che forse non lo può sentire, e forse è senza speranza, e questa cognizione del dolore è qualcosa di così lontano da lui, e di non esplorato, che quel dialogo diventa la strada nuova per arrivare al cuore, per cercare dentro di sé le tracce di una disperazione che non è capace di riconoscere.
“Ciao, signore.
Mi hanno detto che devo parlarti, e io ci provo. Credo di essere la persona
meno adatta, perché normalmente io non parlo mai; non perché io stia sempre da
solo, un sacco di gente sta da sola e parla, fosse anche per sentire un suono
qualsiasi. Io no. Io sento la musica.”
In una cittadina inospitale, nella terra dei ricchi e dei vecchi, dove tutti sono attaccati al loro benessere e alla loro infelicità, dove tutti gli altri sono considerati stranieri, Massimo si scopre a indagare la vita di sua figlia, che si accorge di non conoscere: bloccato contro la sua volontà in una dimensione respingente, si rende conto di come nei suoi pensieri non ci sia mai stato spazio per la figlia e il nipote. La sua geografia dell’anima si compone anche nel confronto difficile con la libera e naturale disperazione di Alba, la tata di Checco: quel dolore che sembra accusarlo di freddezza è la porta per imparare ad amare un bambino mai compreso davvero. Per poter ristabilire un’equazione della vita, che possa proiettare Checco in un futuro possibile.
“Da qualche parte, dentro di te, c’è una frazione sbagliata; un’equazione che cerca disperatamente di rimettersi a posto, in relazione corretta con tutto il resto. Lei, la tua tata, coi sentimenti ha capito questo, e l’ha capito prima di me.”
Se due sistemi interagiscono tra loro per un periodo di tempo, anche se vengono poi separati continuano a influenzarsi, e non possono essere più descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo diventano un unico sistema: è un’equazione alla base della meccanica quantistica ad aiutare Massimo. L’equazione di Dirac è la matematica che spiega le relazioni e ne fa una costruzione.
Rimettere a posto le parti di un sistema complesso è per Massimo trovare anche per se stesso un nuovo posto, un’armonia dei numeri che per lui possa diventare musica, in una nuova geografia dell’amore, nella quale il vecchio pescatore e il bambino trovano la loro connessione, che li porti fuori dal mondo di silenzio.
Maurizio de Giovanni firma un’indagine del cuore, e recuperando l’intuizione di un giovane matematico inglese del Novecento, definisce i contorni di una verità universale che svela il senso di tutto, che è fuori di noi e si chiama amore: nulla rimane immutato, perché siamo tutti interconnessi, fatti di relazioni, influenzati gli uni dai comportamenti degli altri, responsabili e mai soli. E questa scoperta è di una bellezza struggente e ci salva dall’illusione della solitudine e dalla paura.
“Posso solo stare qui, facendo penzolare l’amo con l’esca
della vita attaccata.
Sperando che tu, pesciolino Checco, prima o poi abbocchi.”
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