«Grasso utilizza tutta la tipologia di una poesia notturna e celeste, dalle misure archetipe alle cose (acqua, aria, terra, fuoco), alle diverse epifanie, alla trionfalità del celeste, o per dirla in breve di una materia costitutivamente poetica. Ma a differenza di questa tradizione, che per l'Italia del Novecento si ritrova in Campana e nel primo Luzi, Grasso rifiuta un registro convulso e passionale, "romantico", oppure la visione onirica. (Dalla Prefazione di Stefano Verdino) La prima stampa di questo libro porta la data del maggio 1990, ma l'autore in una nota ci conferma che i testi sono stati scritti nell'arco dei tre anni che vanno dall'inizio del 1986 al settembre 1988. Senza tema di smentita si può dire che è un frutto maturo degli anni Ottanta, così come l'amicizia fra la sottoscritta e l'autore... Una scrittura rapinosa, appunto, quella di Grasso, fatta di vento caldo e di vapori anche dove la postura metalinguistica o i fondamenti numerici la raggelano. In questa contraddizione risplende.» (Dalla Postfazione di Maria Luisa Vezzali)