L'opera si articola in due distinte parti: nella prima si presenta lo studio dell'Anfiteatro di Sabratha mentre nella seconda si propone un nuovo catalogo degli anfiteatri della provincia dell'Africa proconsolare. L'Anfiteatro di Sabratha, scavato e restaurato tra il 1924 e il 1926 dalla missione italiana diretta da Renato Bartoccini, era rimasto sostanzialmente inedito. Dal 2009 al 2012 è stato oggetto di una nuova ricerca che si prefiggeva di giungere ad una lettura complessiva del monumento nel suo contesto urbano, storico e sociale, proponendone anche un'ipotesi ricostruttiva. L'edificio, interamente realizzato in opera quadrata e dimensionato sul cubito punico, rivela un forte legame con la tradizione costruttiva locale. Edificato con ogni probabilità alla fine dell'età flavia, l'anfiteatro appare sovradimensionato rispetto alla popolazione stimata della città: la ragione va cercata nel ruolo che Sabratha ricopriva come capolinea delle carovane che portavano animali, oro e schiavi dal cuore dell' Africa fino alle coste del Mediterraneo. L'Anfiteatro di Sabratha si è rivelato essere il terzo per grandezza tra gli anfiteatri ancora esistenti nell'Africa proconsolare. La necessità di confrontare il monumento sabrathense con gli edifici consimili della provincia ha portato alla redazione di un nuovo catalogo degli anfiteatri dell'Africa proconsolare: si presentano le schede relative a 58 monumenti variamente attestati. Con astuccio contenente 20 tavole a colori.