«A dieci anni dalla redazione di uno dei Piani di Ricostruzione del "cratere" de L'Aquila non sono state ancora risolte le contraddizioni dello 'sviluppo'. Due elementi in contrapposizione, grandi città sovraffollate e territori alienati, che costituiscono entità indipendenti e 'distanti' le une dagli altri. Entrambe portatrici di criticità, problemi, degrado, costi di gestione e mantenimento... si aspetta un "cambio di paradigma" in uno scenario socioeconomico nuovo dove sostanziare il concetto di 'bene comune' e praticare quella 'solidarietà' risultante dalla profonda comprensione del bisogno di 'cooperazione' per la 'sopravvivenza'. Riconsiderare le risorse dei territori, il genius loci, potrebbe costituire l'incipit per una 'transizione' che mette in campo 'progetti locali' mirati a 'resistere' fintanto che l'acquisizione di una coscienza diffusa delle problematicità non sia accolta e praticata globalmente. L'altra metà del Paese si configura, dunque, come luogo privilegiato della sperimentazione di nuove proposte di sviluppo che muovano proprio dal valore delle identità e del capitale culturale locale. È una sfida difficile ma non impossibile! È stato necessario mettersi in discussione e sottoporsi a una revisione critica delle proprie convinzioni: un'operazione complessa, iniziata con la volontà di 'ricostruire' - non solo materialmente - i luoghi colpiti dal sisma e proseguita, in tempi più recenti, nel lento e faticoso percorso di riabilitazione delle aree interne. Ma c'è ancora molto da fare e, per raggiungere obiettivi di sostenibilità, le sole azioni convenzionali pare non possano bastare. Occorrerà - forse - una diversa divulgazione della conoscenza in modalità 'fuori' dall'usuale: l'obiettivo finale è quello di modificare una popolazione diffidente e sfiduciata in soggetti propositivi, pronti a misurarsi con un futuro possibile che risiede nelle proprie mani e per il quale possiamo riscrivere una "costituzione" adatta alla permanenza su 'Gaia'».