Nel tentativo di collegare naturalmente e spontaneamente l'aspetto più intimo di esseri individuali con il setting socio-culturale del gruppo più grande, alcune zone di grande significato appaiono tuttavia ancora ignorate. Il gruppo più grande, proprio per le sue dimensioni, offre una struttura o un mezzo per collegare il mondo interno con il contesto culturale ed è così in grado di stabilire un'unica dimensione, quella della microcultura. Finora né la psicoanalisi né i piccoli gruppi sono stati capaci di gestire questo aspetto empiricamente, poiché, nella prima, l'analista rappresenta la cultura assunta, mentre nella situazione del piccolo gruppo la gerarchia della cultura familiare prevale inevitabilmente. Il gruppo più grande mostra il rovescio della medaglia del mondo interno, e cioè la dimensione socioculturale nella quale hanno luogo le relazioni interpersonali. L'esplorazione di questo campo mostra come gli oggetti, inclusi gli oggetti parziali della mente, possono essere collegati a sistemi e strutture in una maniera non tentata prima e solleva la vexata quaestio della relazione tra sistemi e strutture e tra cultura e contesto sociale. In questo studio del gruppo più grande particolare attenzione è dedicata ai processi e alle dinamiche dalle quali emerge la microcultura del gruppo, al modo in cui le iniziali frustrazioni del gruppo trovano espressione attraverso l'odio, a come l'odio inizia ed è trasformato dal dialogo e come il dialogo alla fine crea ciò che i greci conoscevano come 'Koinonia' o comunione, condivisione, compartecipazione (impersonal fellowship).