«L'anima dell'Irlanda salta fuori con orgoglio da questa lettura che Bertoni ha saputo condurre modulando la voce su accenti di rabbia, solitudine, malinconia, baldoria, amore, felicità, disperazione e ironia. Perché l'Irlanda è un po' tutto questo messo insieme, e la sua poesia, che è conosciuta in più parti del mondo al pari della sua musica e del suo whiskey, fa l'effetto di una lunga cantata in cui le voci del passato continuano a vivere in quelle del presente e in cui anche il peso della storia, che aveva così ossessionato l'artista joyciano, non è più un incubo da cui fuggire ma il presupposto stesso della coscienza collettiva. Nell'ascoltare tutte queste voci che si susseguono, tutti questi toni che si alternano mescolandosi alla musica, tutte queste parole che stanno bene in bocca perché è lì che devono stare, si ha la sensazione che in esse non vi sia niente di artificioso, di fasullo o di pretenzioso, ma che tutto esca come un prodotto naturale della terra. Quella stessa terra che, per parafrasare Heaney, una volta veniva scavata con la vanga, e che ora viene scavata con la penna...» (Dall'Introduzione di Daniele Benati)