"Poesia dotta e coltissima, quella di Marisa Cossu, dove i preziosismi metrici (sonetti, rondò, madrigali, acrostici, odi e ballate) non sono considerabili alla stregua di reperti archeologici, bensì di schegge musicali indistruttibili, di lacerti linguistici provenienti indubbiamente dal passato, ma vivi e vegeti nel mondo attuale. Poesia filosofica, estremamente raffinata, dove senza forzature compaiono infine tocchi epicurei ed oraziani di sorridente saggezza e freschezza. Come "Roma", ad esempio, ma soprattutto come "La barca", un madrigale scherzoso e ammiccante d'amore, quasi boccaccesco. La felicità degli amanti è passeggera e "non vi sono ritorni", ma il dolore del distacco è edificante, perché insegna ad amare con leggerezza e senza idolatrie, senza morbose esaltazioni. Finché "di quel tango finito ed esaltante / rimane la carezza", una flebile gioia che s'accende nelle angosce della vita, un soffio lieve che giova allo spirito riportandolo nell'armonia dei contrari." (Franco Campegiani)