"Queste pagine vengono da lontano. Si sono formate lentamente, goccia a goccia, sedimentandosi sul fondo dell'anima a formare uno strato in movimento. Spesso facevano capolino tra le fessure per poi rientrare nei meandri della coscienza. Col tempo il tappeto si è ingrandito, agitandosi e premendo. Pacatamente le ho messe in ordine, misurate, catalogate. Ma restavano sul fondo, chiedendo spazio e luce. Invece le tenevo al buio avvertendo il disagio di farle vivere, di dargli corpo e voce. Le temevo. Giorno dopo giorno questo lago è diventato autoritario, prepotente, l'argine ha scricchiolato sinistramente. Quando sono sgorgate libere e luminose, la diga non ha retto. Come quella del Vajont, da sempre viva tra i ricordi del passato. L'ondata ha spazzato l'artificialità del pudore, le infrastrutture sterili del giudizio, il filo spinato del vissuto, la ruggine dei pregiudizi, l'imbroglio mentale. Da quel momento la tastiera è diventata libertà, le dita lo strumento per dare voce ai personaggi, allo scenario dove si muovono. In mezzo diamanti di vita reale. La regia l'ho affidata a quell'amore in cui ho sempre creduto tenendo lontano, con molti sacrifici, ipocrisia e perbenismo".