L'intelligenza artificiale sta trasformando la modernità. È ovunque, nelle nostre case, nei nostri uffici, nel presente e sicuramente nel futuro. Oggi «scopriamo» l'IA come i nostri lontani antenati scoprivano il fuoco. Se la sapremo gestire, diventerà una forza per il bene, illuminando il cammino a tutta una serie di invenzioni rivoluzionarie. Ma se la utilizzeremo in maniera avventata, sfuggirà al nostro controllo. Se la brandiremo a scopo di distruzione, alimenterà le fiamme di un nuovo tipo di guerra che farà vacillare la democrazia. Come spiegano gli esperti di politiche per l'intelligenza artificiale Ben Buchanan e Andrew Imbrie ne Il nuovo fuoco, capire come adoperare questa tecnologia e per quali scopi è una delle scelte più urgenti - e più interessanti - che ci attendono. Sono tre le scintille del nuovo fuoco: i dati, gli algoritmi e la potenza di calcolo. Questi fattori alimentano campagne di disinformazione virale, nuovi strumenti di hacking e armi militari che un tempo sembravano appartenere solo alla fantascienza. Agli autocrati l'IA offre la prospettiva di un controllo centralizzato in patria e vantaggi asimmetrici sul campo di combattimento. È facile presumere che le democrazie, avvolte come sono da vincoli etici e prive di un approccio coerente, non riusciranno a tenere il passo. Ma questa è una distopia, lungi dall'essere inesorabile. Coniugando la loro comprensione approfondita della tecnologia con un'attenta analisi geopolitica, Buchanan e Imbrie ci mostrano cosa può fare l'intelligenza artificiale per la democrazia. Con il giusto atteggiamento, la tecnologia non deve per forza fare il gioco della tirannia.