La critica intelligente o almeno onesta dovrebbe preoccuparsi di restituire fedelmente l'immagine di un autore o di un'opera, anziché tentare di arruolarli sotto le proprie bandiere ideologiche: operazione non solo illegittima, ma inutile. Ostinati equivoci e pregiudizi settari adugiano ancora l'interpretazione di Leopardi: uno dei principali attribuisce al poeta una visione illuministica e progressistica, in realtà sconfessata da ogni pagina della sua opera e, come se non bastasse, da una lettera autografa di Leopardi stesso riemersa nel 1993. Non si tratta di negare l'evidenza né la radicalità del materialismo leopardiano, ma di riconoscerne la particolare natura anti-razionalistica. Infatti, da un lato Leopardi critica l'ideologia illuministica come ultima forma della nefasta spiritualizzazione moderna e, sulle tracce di Pierre Bayle, volge la ragione a un fine distruttivo di tutte le verità positive; dall'altro condivide paradossalmente aspetti propri del romanticismo tedesco e inglese, ma estranei al romanticismo italiano, erede dichiarato della tradizione illuministica.