Se il centenario della nascita di Sant'Elia ha offerto "l'occasione per valutare la sua opera, e soprattutto, per distinguerla dalla poetica futurista" (Bruno Zevi), quello del manifesto Architettura futurista (1914) induce a una riflessione e a un approfondimento sui rapporti tra le idee di architettura e di città dell'architetto comasco e degli altri futuristi (Volt, Marchi, Prampolini, Sartoris, Fiorini, Mazzoni) e sulle reazioni prodotte dal suo manifesto nelle riviste e nei movimenti d'avanguardia del periodo tra le due guerre mondiali. Delineando un bilancio della fortuna critica di Sant'Elia fuori d'Italia e delle suggestioni esercitate dalle sue visioni metropolitane sugli architetti e sui movimenti di avanguardia che hanno operato nella seconda metà del secolo scorso (da Metabolism ad Archigram), questo volume intende replicare al "saggio magistrale e spietato" di Carlo Ludovico Ragghianti, in larga parte condiviso da Zevi, nel quale è sostenuta la tesi che l'architetto comasco non possa "essere considerato precursore': niente si può dedurre, dai suoi disegni, di vitale o di utile per l'esperienza architettonica e urbanistica ulteriore" (1963).