La marcia su Roma è stata considerata un forte momento identitario per il regime, facendo emergere la capacità di mobilitazione del partito fascista, sia a Roma che in periferia, ma anche le profonde debolezze ed ambiguità del sistema politico liberale. Esaminando le ricadute del lungo 1922 tra Roma e la provincia di Salerno, l'Autore analizza le ragioni del successo fascista, affidate a giornali liberali compiacenti che diventarono il megafono del regime, all'entusiasmo irrefrenabile dei giovani, alla propaganda, al radicamento delle sezioni del partito nei territori, alla capacità di assistere iscritti e cittadini nelle piccole cose del quotidiano come nelle più complicate e determinanti esigenze. In tutte queste attività, tuttavia, fu contemplato un uso sistematico della violenza squadrista, per soppiantare il dissenso organizzato e quello spontaneo, e per intimidire e fiaccare la società.