Da sempre ci si è chiesti se, in certi ambienti ritenuti criminali, esistessero codici che servissero a deciderne l'esistenza. In realtà, su questo, assai poco si è scritto e detto, benché non manchino esempi caratteristici di questa esistenza di un linguaggio tipizzato come criminale (da sempre, ad esempio, la frase "Dio c'è" , scritta sui muri, non è mai stata espressione di fede ma la precisa indicazione che nei pressi di quel luogo fosse reperibile sostanza stupefacente. Come si vede, un'abile opera di mimetismo linguistico che, anche sotto il profilo psicologico, intende assai più di quel che afferma identificando l'orizzonte unico del tossicodipendente... ma già sotto questo versante, il genere di osservazione sistemica sarà inclusa in una successiva opera in corso di preparazione). Il lavoro tra storia, attualità, politica, sociologia, comunicazione, psicologia e linguistica, affronta, talvolta solo abbozzandola, la difficile tematica di un gergo tecnico della malavita o della criminalità in generale, anche laddove questa non sarebbe ravvisabile in senso proprio (è questo il caso delle BR che utilizzano essenzialmente un linguaggio di tipo politico e perciò stesso non criminale ma criminalizzante alla luce delle azioni compiute.).