Per essere utile alla società, un giovane filosofo del '700, guarito dall'ossessione del gioco, ricostruisce il meccanismo attraverso il quale l'"insana vertigine" si insinua nell'animo umano: prima sotto le spoglie dell'onesto divertimento, dopo come bisogno esclusivo che arriva a dominare tutte le facoltà dell'animo. L'uomo allora si trasforma in giocatore e perde ogni rapporto col tempo e con la realtà: vive solo in funzione della sua passione. L'opera si impone come originale riflessione sui comportamenti patologici dei giocatori d'azzardo cento anni prima di Freud e della psicoanalisi.