Esiste un profondo rapporto fra abito, corpo e memoria. Tale legame si intreccia al gesto di abitare lo spazio, di lasciar segni, di scrivere e comunicare, di dire e scomparire, tacere. L'abito è una traccia trasversale, raccontabile, cui dar parola e parole poetiche. Il testo riannoda, percorrendo il filo nascosto della poetica del quotidiano, i segni linguistici profondi delle cose ad una fenomenologia sensibile e condivisibile dell'abito come pratica dell'abitare e del vestire di e con valore d'intimità lo stare al mondo. Il filo nascosto che ci lega alla terra, ai nostri legami, permette di esplicitare e confermare una pratica di riflessione atta a svolgersi all'interno del concetto e nelle forme della trama, che diviene un'esperienza di apprendimento, di espressione estetica, ma soprattutto una possibilità di visione e di ri-significazione. Il filo nascosto tra gli abiti ci conduce attraverso trame di pensiero ed esperienza di un territorio del pedagogico che possiede la vocazione dell'orlo, la possibilità di dare voce, dimora e corpo ad un invisibile eppure sensibile (ed educabile) "senso del dar senso". Apparentemente muti, i tessuti del nostro vestire e svestirci, gli abiti e le abitudini dei nostri pensieri e delle nostre emozioni rivelano, ad un ascolto poetico e narrativo, lo sconfinato valore memoriale, progettuale e relazionale della materialità e dell'immaterialità pedagogica. Il libro parla a chi sia interessato a dare parole sensibili al visibile e all'invisibile pedagogico e permette, a chi voglia ascoltare la voce delle cose, di esperire, attraverso fili, trame e nessi, tutta la consistenza materica del fare, l'artigianalità di un'operatività pedagogico-riflessiva che dia sostanza ad una filosofia dell'educazione come pratica di vita pensata.