La figura suprema di Giorgio Morandi, la sua presenza/assenza nelle trame dell'arte e della critica italiana del Novecento, è l'oggetto della proposta di Massimo Maiorino. L'autore ricostruisce ed evidenzia, attraverso la lente teorica del "dispositivo", mutuata da Gilles Deleuze, le voci e le differenti prospettive, i racconti e le genealogie che l'opera di Morandi ha sollecitato. Muovendo dal seminale scritto di Roberto Longhi del 1934, il saggio ripercorre, chiamandone a raccolta i protagonisti, tutta la scena culturale italiana del Novecento, spingendosi poi fino al primo scorcio del nostro secolo, al fine di dar conto anche delle riletture proposte nel 2014, in occasione delle celebrazioni per i cinquant'anni dalla morte dell'artista. A emergere dall'esame dell'eterogeneità delle analisi e delle ipotesi critiche - espresse in una pluralità di linguaggi che oscillano tra parola e immagine, restituendo così l'ampiezza del sistema dell'arte - è la proteiforme vitalità dell'eredità morandiana e l'inesauribile attualità dell'artista italiano e della sua opera.