In un dialogo tra filosofia e psicanalisi che coinvolge l'iconografia classica, la letteratura e la dottrina giuridica del potere in Occidente, questo libro s'incarica di accertare la possibilità di un inedito percorso verso le questioni della moneta, dello scambio, della ricompensa - così come della misura e dell'eccesso - per far emergere una dimensione del debito che non è deficit o insufficienza, ma affermazione di vita nella sua singolarità. Abitualmente il debito viene percepito solo in senso finanziario, con tutto ciò che della finanza influenza le nostre vite. Eppure questa accezione non è l'unica, né quella prioritaria. All'interno della cultura occidentale esiste un altro accesso al debito, rappresentato dalla possibilità di cogliere il legame che ci unisce in quanto viventi alle nostre singole vite. Da questo punto di vista la dimensione del debito non si confonde mai con una mancanza che si tratterebbe di colmare, ma riguarda piuttosto l'esperienza che ciascuno compie nella sua vita. Chiamiamo "debito assoluto" quanto di ogni singola vita resta inappropriabile al vivente che pure la vive.