Sylvestre Bonnard ci racconta qui due favole. Una favola del buon Natale e una della buonanotte; favole dal lieto fine senza essere melense, a metà strada tra la storia molto umana di Don Chisciotte e quelle molto animalier di La Fontaine; storie in cui ogni elemento poggia su se stesso e su cento altri, formando una cattedrale della parola dallo stile fiammaggiante, dove non mancano né le spaventose gargouilles né le scene grottesche, che tanto piacevano ai nostri antenati medievali. Perché la storia è una favola che non ha morale e, per questo, è la morale. In appendice "Lo stratagemma".