«Credo che di maestri di simile tempra ce ne siano stati in ogni parte d'Italia pochi bensì, ma non pochissimi. Dietro a ogni gruppo di studenti partigiani o resistenti si sente (qualche volta si sa) che ce n'è stato uno; e penso che sarebbe importante studiarli, ricostruire bene la loro cultura, riconoscere le loro scelte, l'origine e la tempra del loro non-conformismo, rintracciare la storia delle loro libere scuole e gli effetti della loro influenza». Un maestro di simile tempra, Antonio Giuriolo, è al centro di questa lezione che affronta una questione centrale nella letteratura italiana del Novecento: il nesso fra l'uomo e il personaggio-uomo. Nel nostro caso lo sdoppiamento è tra l'uomo Antonio Giuriolo, che in pubbliche commemorazioni Luigi Meneghello evocherà nel dopoguerra e Toni, "l'apostolo laico", il protagonista dei Piccoli maestri. Quando entra in scena, ci appare come "una specie di santo laico". "Così dev'essere stato per i primi cristiani quando gli arrivava un apostolo in casa", scrive Meneghello. Questo saggio ripercorre a ritroso l'itinerario di una formazione culturale che riserva non poche sorprese. Dagli anfratti, dalle fenditure della roccia, dalla "guerra per bande" spunta infatti, non solo Simonetta, ma, a sorpresa, accanto a lei, Renan e Omodeo, la teoria del comico di Bergson e, del tutto inattesa, la Tebaide del Beato Angelico, con l'immagine del corvo che ai discepoli di Toni portò in dono la polenta e la margarina.