Come si presenta ai nostri occhi quella che oggi chiamiamo "sessualità" quando la osserviamo nei discorsi prodotti dalle istituzioni religiose in età moderna? L'oggetto ha contorni sfuggenti. Al suo interno si collocano, in maniere e misure mutevoli, aspettative e rinunce, possibilità e divieti, ragioni del corpo e dell'anima, dell'individuo e della collettività. Il saggio presenta un piccolo ventaglio di sessualità possibili "messe in parola" nei decenni che seguono due momenti cruciali della storia religiosa e sociale dell'Europa: la centralizzazione romana dell'Inquisizione e la sua dotazione di una capillare rete di organismi locali, a partire dal 1542, e la grande risistemazione dottrinale e istituzionale operata dalla Chiesa cattolica con il Concilio di Trento, fra il 1545 e il 1563. A partire dalla seconda metà del Cinquecento, sui comportamenti che implicano un uso della corporeità connessa con le tensioni desideranti e la generazione, già tradizionalmente oggetto di osservazione e di controllo, sembra accentuarsi, facendosi sistematico, l'interesse delle istituzioni religiose, impegnate in un'impresa di definizione dell'ortodossia e dell'eterodossia. In ogni ambito del vivere si rintraccia sia un potenziale luogo di realizzazione della perfetta cattolicità che uno spazio di annidamento dell'eterodossia. Il corpo chiuso del clero deciderà dei corpi moderatamente aperti dei coniugati e di quelli pericolosamente sciolti delle nubili e dei celibi.