Sulla soglia della fine, un ottantenne si rivela nelle proprie memorie in cui nomina se stesso con l'acronimo A.G. Una vita ben presto segnata da avverse vicende familiari: un padre merciaio che ostacola la propensione all'arte di A.G., obbligandolo alla vita di bottega; una madre vinta dal dolore per la morte di numerosi figli e per il tradimento del marito con la vedova Speranza, da cui ha avuto Rosalìa N.N. "la matta". Ottant'anni sono molti, soprattutto se si raddoppiano, e triplicano, grazie al mestiere del protagonista: attore e autore di commedie. Tante vite alle spalle, nessuna davanti a sé, il commediografo scrive la sua ultima farsa caricandola di equivoci e inseguendo un antico sogno: quello del teatro popolare ambulante, un carro di Tespi trainato da cavalli o elefanti in viaggio nell'isola dal cielo colmo di pipistrelli. Amico di A.G. è Sesetto, talentuoso poeta, omosessuale macchiatosi di pedofilia e tollerato da una comunità complice, perché Sesetto è molto ricco ed esercita un potere sulle persone. E poi c'è un rapporto coniugale ruvido a cui non si può rinunciare in una famiglia solita a riti detestati dall'anziano artista, e c'è, infine, la vera protagonista del romanzo: una superbia onnipotente affidata a una penna dall'inchiostro azzurro capace di inaspettate delicatezze. Di azzurro si colorerà A.G. fino alle radici del ricordo più antico.