C'è stato forse un momento, agli inizi degli anni Novanta, in cui il giovane marinaio Filip Isakovic ha guardato incantato il mare e la terraferma. Un momento dopo il quale l'oscurità della guerra ha divorato sia lui sia il suo Paese, la Jugoslavia. Due decenni più tardi, ex veterano di guerra e contrabbassista jazz ormai incapace di suonare, Isakovic viene scortato fino all'ospedale psichiatrico di Kovin dove dovrà sottoporsi a un percorso di riabilitazione. In quel luogo fuori dal tempo nel quale vivono persone che Io Stato ha prima mandato in guerra e poi abbandonato, il contrabbassista incrocia la sua esistenza con quella dei compagni di cura, recupera ricordi, suoni e nostalgie di un lontano amore, e soprattutto incontra il dottor Marko Julius che ha vissuto i tempi turbolenti del Novecento, ha aderito alle posizioni di Franco Basaglia e ha fatto di Kovin un personale baluardo di resistenza e ribellione in cui propone teorie antipsichiatriche. Luogo simbolico, mondo nel mondo, l'ospedale di Kovin diventa ben presto affresco di una società smemorata che ha deciso di dimenticare le sue guerre e, come è stato con altre grandi opere del Novecento ambientate in sanatori e luoghi di cura, è l'epicentro di una raffinata narrazione letteraria che trasforma il microcosmo sociale dei malati nello specchio del declino e dei mutamenti di un'intera civiltà.