Il cacciatore globalizzato nel capitalismo assoluto ha smarrito la strada del bene e del male, è solo interno al visibile, alla merce e alle sue immagini che ne colonizzano la. Vive nell'immediatezza, consuma ogni prodotto nell'irrilevanza critica ed etica: ha fatto dell'attimo consumante l'ontologia della consolazione. Il mercato è il fondamento ontologico del suo pensiero. È l'automa cartesiano realizzato. Insegue i flussi dell'economia diventandone parte fino a esserne parte indifferenziata, non pensa il suo tempo, lo insegue, lo annusa in cerca di selvaggina: la merce. La vita allora si disfa in una temporalità segnata dal tempo liturgico del consumo senza limiti, e la chiamata al consumo non conosce soste. Vive l'incontro solo come occasione per soddisfare i suoi biologici interessi, divora l'altro. Con questo saggio l'autore vuole contribuire a pensare l'epoca presente, a porre delle domande sul dominio del nulla sull'essere, sempre più incombente, sull'avanzare del deserto spirituale, nel dolore silenzioso dei tanti senza voce, senza destino. E chiama in causa la necessità di elaborare una filosofia capace di progettualità sociale e comunitaria.