La scelta di delineare un percorso incentrato sulla scultura napoletana, risponde all' esigenza critica di riportare alla luce quel paesaggio artistico che andò formandosi tra secondo Ottocento e primo Novecento, le cui tracce sono rimaste sepolte troppo a lungo, a margine della storiografia e tralasciate dalle occasioni espositive. La mostra Il Bello o il Vero, dunque, segue un'impostazione metodologica precisa, con opere provenienti dalle collezioni private e dai musei pubblici, che raccontano la storia di un periodo complesso, caratterizzato da una forte connotazione territoriale ed estremamente recettivo verso gli influssi europei.
Dopo l'esaurimento dei temi del Romanticismo, ridotto a genere ripetitivo e sentimentale, la letteratura, la filosofia e l'arte figurativa sperimentarono un nuovo atteggiamento nei confronti del mondo, nel segno di una rinnovata corrispondenza tra i sistemi espressivi e la realtà delle cose. In Francia, i romanzi di Émile Zola e Guy de Maupassant erano stati influenzati dal pensiero positivista di Henri de Saint-Simon e Auguste Comte. In Inghilterra, Charles Darwin formulava la teoria dell'evoluzione delle specie animali e vegetali, basandosi sulla ricerca e sull'osservazione diretta dei fenomeni. Questi fermenti furono recepiti dall'ambiente italiano, che ne diede una lettura originale. Per questo, la corrente verista, i cui fondamenti teorici furono esposti da Luigi Capuana, può essere considerata un'attitudine storicamente fondata ma svincolata da canoni cogenti. Così, si possono rintracciare personalità pur diverse, come Giosuè Carducci e Giovanni Verga, ma accomunate dallo stesso atteggiamento.
In questa temperie, Napoli ebbe un ruolo di primo piano. La città, non più solo romantica ed esotica meta del GrandTour, "l'incantevole sirena" di Ettore Bernich, assunse una prospettiva sfaccettata, percorsa dai pesanti interventi urbanistici del Risanamento e della crescita postunitaria. In particolare, fu luogo dell'attività di artisti, scuole e movimenti, che svilupparono i temi del verismo e si inserirono dialetticamente in ambito europeo. Dal vedutismo oleografico della Scuola di Posillipo, animata da Giacinto Gigante,fino alla severità del reale della Scuola di Resina, cresciuta intorno alle figure di Adriano Cecioni e Giuseppe De Nittis, si andava delineando una decisiva trasformazione del linguaggio.
Un contesto di grande vivacità creativa che, nella scultura, trovò il mezzo più adatto per esprimere la nuova sensibilità. È ormai noto che un forte impulso verso il tratto realistico del soggetto, a scapito dell'idealizzazione di ascendenza classica, sia stato dato da Stanislao Lista, tra i maestri più influenti del Real Istituto di Belle Arti. Tutta la nutrita schiera degli allievi di Lista - da Vincenzo Gemito ad Achille d'Orsi, da Giovan Battista Amendola a Raffaele Belliazzi, da Francesco e Vincenzo Jerace a Costantino Barbella, da Filippo Cifariello a Giuseppe Renda - fu protagonista del panorama culturale, n