La sciagurata avventura coloniale dell'Italia in Africa raccontata come un romanzo avvincente: la presa di Adua, il viaggio "africano" di Curzio Malaparte, le due "visite" del Duce in Libia, il giallo del cadavere di Italo Balbo, la lite Gambara-Rommel e la conseguente inchiesta della Gestapo, le esecuzioni dei ribelli senussi a Barce, il piroscafo dei reclusi italiani di Tripoli mandati a morire nel Mediterraneo. Sono alcuni degli episodi che l'ex Capo Ufficio Stampa della Milizia Fascista in Africa Orientale racconta nel 1986 a un giovane giornalista di sinistra con il quale stringe una singolare amicizia. I due decidono di registrare questi preziosi e precisi ricordi, ma le registrazioni finiranno per essere dimenticate. Dopo venticinque anni il giornalista ritrova i nastri, li riascolta e si rende conto del loro valore, reso più evidente proprio dal lungo intervallo di tempo trascorso. Essi custodiscono la narrazione di una straordinaria vicenda umana, la parabola di un volontario fascista in Etiopia nel 1935 che termina nella sua condanna a morte in Libia nel 1943 (fortunatamente evitata all'ultimo momento) dopo aver capito gli odiosi fini del Regime e aver cercato di sventarli.