«A lui non interessa la banale concorrenza dei premi letterari e la distinzione, posizione od opposizione tra gruppi artistici; a lui interessa soltanto l'orgoglio di raggiungere l'obiettivo contenuto in un'idea produttiva. La sua scrittura è un procedere lento, elaborato, fatto sempre di aggiunte e varianti fino allo sfinimento: distruttore e ricostruttore dei suoi lavori poetici che lo portano all'annullamento e alla riedizione di versi profondi nel loro significato ma semplici nella loro esposizione sintattica. Nutre la più totale fiducia nelle possibilità comunicative del testo: per Riki la scrittura resta essenzialmente un fatto dialogico, e quindi ancorata alla sua origine teatrale. È un appassionato e convinto sostenitore della teoria imagista poundiana basata sulla rappresentazione diretta dell'immagine. Riki si è mosso in tutte le capitali europee per cercare resistenze o avanzamenti in idee e movimenti presenti e trascorsi nella storia di personaggi, strade e gente comune; ha viaggiato in Medio Oriente, Asia, America e Russia per gustare e scoprire realtà e sogni di quei fratelli al di là di ogni sponda. E in questo continuo muoversi la mente è sempre altrove, la persona poetica è la sua vera identità pur nella dispersione e dissoluzione tra popoli e costumi diversi. In Ictus 1 e 2 trova la profondità più sincera dei sentimenti che spingono lui stesso e il lettore in una posizione di nudità di fronte agli eventi: quel filo conduttore che tiene insieme, attraverso un nodo perfetto, i colori e le sfumature degli avvenimenti, gioia, dolore, sofferenza e amore... insomma, tutto ciò, prende il nome di vita.»