Leggere Giovanni Verga attraverso le immagini è molto più di un esercizio di conoscenza, è una sfida al contatto più profondo e gratificante con il Catanese. La scuola pubblica, nella fretta di catalogare Verga come autore essenzialmente verista, ignora la sua attività di appassionato di fotografia e la sua produzione letteraria precedente e successiva a "I Malavoglia" e "Mastro Don Gesualdo", relegando la prima a un mero abbozzo di stampo più o meno scapigliato e cassando definitivamente la seconda, perché, tanto, "La Duchessa di Leyra" è un romanzo incompiuto, dimenticando o non sapendo proprio per niente che non c'è nulla di più "compiuto" dell'incompiuto, nella vita. Verga fu scrittore acuto ed attentissimo, e risulta particolarmente intrisa di ingratitudine la sua visione parziale e paternalistica, supportata anche da certa critica di maniera. Ma oltre a ciò il nostro fu uomo intero, capace di documentare e completare il proprio talento letterario con l'approccio al nuovo mezzo di riproduzione delle immagini per trasmetterci i "Vinti" nella loro più intima e spietata essenza e se stesso in una semplicità lontana dall'aureola pomposa che in molti hanno voluto attribuirgli.