Altissima espressione poetica, nonché specchio degli sviluppi politici della polis ateniese nell'epoca classica, la tragedia greca è giunta fino a noi attraverso i secoli mantenendo inalterato il fascino archetipico che ne costituisce l'impronta originaria. Nella rielaborazione drammatica del mito rivivono le convinzioni del singolo poeta ma anche l'eco delle discussioni e della vita civile e morale di un popolo. Così i personaggi di Eschilo non sono più semplici mortali in balia di forze cieche e oscure, ma uomini e donne coscienti e responsabili delle proprie scelte, vittime e colpevoli insieme (basti pensare a Clitennestra), spesso stupendamente delineati nella loro profondità emotiva. Sofocle rispecchia nelle sue opere l'ideale di sereno equilibrio che permeava la cultura greca in quegli anni. Eppure, nelle sue tragedie la lucida consapevolezza dell'infelicità umana, unita al sentimento della dignità insita in ogni sofferenza, e l'analisi razionale coesistono con la percezione di pulsioni insondabili cui soggiace il destino degli uomini (si pensi a Antigone o Elettra o Èdipo). Profondo conoscitore dell'animo umano, Euripide ha creato indimenticabili figure tragiche, da Alcesti a Medea, a Oreste, scegliendo i suoi argomenti tra i miti meno noti e soffermandosi su aspetti secondari dei grandi cicli epici ed eroici. Le sue opere hanno influenzato attraverso i secoli il teatro di tutti i tempi: da quello romano a quello rinascimentale e barocco, dai romantici a D'Annunzio, fino a oggi.