Riusciremmo a pensare alla nostra vita quotidiana senza i meme? La risposta a questa domanda è strettamente legata alla diffusione di Internet in generale e dei social network in particolare. Tenendo come riferimento principale il lavoro di Mark Fisher - i meme, i video su YouTube e i podcast sul suo notissimo blog "k-punk" - e la seconda generazione della Scuola di Francoforte, Mike Watson offre un ritratto avvincente dei nostri media durante la pandemia, in quell'"anno che non ha avuto luogo", un periodo in cui la vita sembrava sospesa, tra lockdown e restrizioni varie, e in cui eravamo tutti connessi, mentre diversi Paesi europei erano in campagna elettorale. Fisher ha visto ciò che Marx e Benjamin avevano già scorto nel diciannovesimo e ventesimo secolo: che il capitalismo avrebbe portato il meglio e il peggio di tutti i mondi. Il compito dello studioso, dunque, è quello di passare al setaccio il male e portare in primo piano il bene, cosa che Fisher ha saputo fare brillantemente. Watson ha poi applicato tutto questo al mondo dei meme, con il rischio di essere messo alla gogna mediatica.