In questo libro prendono parola i malati di Huntington e chi è loro vicino: familiari, amici, professionisti della cura. I temi di queste pagine riguardano però tutti. Tutti noi, con o senza Huntington, nutriamo infatti relazioni affettive che ci gratificano o ci fanno soffrire, affrontiamo scelte vitali, ci confrontiamo con il desiderio di mettere al mondo figli. Può capitare a tutti di fare i conti con malattie e disabilità anche gravi, di vivere il lutto per la morte di persone care, di confrontarsi personalmente con un corpo che non ha più la forza di un tempo; a tutti succederà di morire. L'Huntington è una malattia rara, neurodegenerativa, ereditaria, caratterizzata da disturbi del movimento, alterazioni anche gravi del comportamento e progressivo deterioramento cognitivo. L'esordio, di solito in età adulta, porta alla morte dopo 15-20 anni. La probabilità di ogni figlio di ereditare la malattia è del 50% e spesso nella stessa famiglia convivono più malati. Ad oggi vi sono solo farmaci sintomatici, non in grado di prevenire, rallentare o bloccare la malattia. I racconti di donne e uomini, a confronto con una malattia che pone enormi sfide alla loro vita, rivelano il valore della "pietas". Non del "pietismo" ma delle virtù civili del rispetto e del riconoscimento dei diritti, fondati sull'affermazione dell'altro per quello che è, con la sua storia, affinché il suo destino non risulti indifferente. Questo è infatti il senso della parola "pietas": il modo in cui l'altro per noi è più o meno importante e significativo e il modo in cui noi sentiamo di esserlo per l'altro. Dare voce a questi racconti e a questo sentimento è la ragione del libro, che si rivolge a chiunque abbia una sensibilità per questi temi, ai malati e alle famiglie, agli operatori e specialisti del Welfare, al mondo universitario e ai ricercatori, a politici e amministratori.