Nell'età moderna la formulazione dei diritti, a partire dal giusnaturalismo sei-settecentesco, si è strettamente intrecciata con l'enunciazione del principio di eguaglianza e con la condanna delle discriminazioni imprimendo ai diritti stessi un notevole slancio "universalistico". Fino a che punto però i diritti sono stati (pensati e realizzati come) i diritti di tutti? Chi sono i soggetti che nei moderni ordinamenti vengono assunti come titolari di diritti? Tutti i soggetti oppure alcuni? Che rapporto intercorre fra l'universalismo dei diritti e il particolarismo degli interessi? Sono domande che tornano a proporsi in molteplici e centrali passaggi della storia degli ultimi secoli: nelle rivoluzioni di fine Settecento, nelle "lotte dei diritti" in Europa nel corso dell'Ottocento e del Novecento, nelle democrazie costituzionali del secondo dopoguerra. È a questi contesti che il saggio farà riferimento tentando di cogliere la compresenza, nel discorso dei diritti, di aspirazioni egualitarie e universalistiche e di tendenze alla conservazione di differenze, diseguaglianze, confini.