Lo scopo dello studio realizzato è quello di inquadrare le possibili nozioni giuridiche di "beni comuni", definizione che si è affacciata nel dibattito nazionale e internazionale da diversi decenni. Di fondamentale importanza è partire dalla genesi dell'istituto, l'origine del concetto di proprietà e di uso dei beni è risalente agli albori del diritto romano, precisamente tra la fine del II e l'inizio del I secolo. In particolare, il termine proprietas, che significa letteralmente "controllo sulle cose", risale all'epoca augustea e fu Seneca il primo autore ad utilizzare tale parola per riferirsi alla proprietà, sottolineando il rapporto tra l'uomo e gli oggetti materiali. Il termine suddetto deriva da proprius, il quale indica il rapporto esclusivo tra proprietario e bene posseduto, che viene indicato anche come dominium sul bene. Ma è stato durante la fine del III secolo che si sviluppò il sistema di proprietà, ciò grazie ai grandi cambiamenti politici e sociali. Infatti, in questo periodo viene in essere anche l'istituto dell'usufrutto per garantire alla vedova il sostentamento necessario e tutelare i diritti di proprietà dei discendenti del padre di famiglia deceduto. Tutto ciò non indica che il concetto di diritto comune sia intrinsecamente romanistico, ma ha avuto una grande influenza su quella che sarà la distinzione tra proprietà pubblica e privata nell'età moderna. Si rinvengono tracce di diritto comune anche nel diritto germanico, dove però non vi sono precetti scritti e il concetto di bene comune ha valore consuetudinario. Il concetto di proprietà così come concepito dai romani, infatti, è del tutto estraneo ai popoli germanici, erano le tribù a detenere le proprietà comuni e i singoli individui usufruivano del godimento temporaneo. Per Savigny l'istituto tedesco sosteneva un ordinamento della proprietà liberale e allo stesso tempo registrava la coesistenza di varianti storiche ad esso associate...