Nel luglio del 2001 i due lati delle barricate delle piazze genovesi erano idealmente occupati da uno scontro molto più vicino al design di quanto si possa pensare: quello tra la globalizzazione inarginabile e la posizione riassumibile con il titolo di uno dei manifesti più importanti degli ultimi trent'anni, "No Logo" di Naomi Klein. Se il 900 si era chiuso con le contraddizioni della delocalizzazione produttiva, l'inadeguatezza dello standard de "l'uomo medio" e la frammentazione linguistica degli stili, il nuovo millennio si apriva nel segno di un'euforia per l'accesso diffuso ai nuovi mezzi di produzione e con l'avventura del design in territori che travalicavano competenze, interlocutori, materiali e tipologie tradizionali: dall'auto-produzione al digitale, dal lavoro alle questioni di genere, dal clima alle disabilità. Il volume, che accompagna la mostra presso il museo MA*GA, racconta questo Hyperdesign, fatto di presenti plurali e possibili. Non solo i cosa, ma i come. Meno i chi e più i per chi.