Le poesie di Habitus paiono esplodere al sole dopo essere rimaste a lungo al buio, come se la poetessa le avesse volute custodire al riparo da ogni sguardo. Sono poesie immaginifiche che anziché adombrare l'io narrante, camuffarlo, lo espongono alla luce in tutta la sua fragilità e forza, nella sua interezza esistenziale. Sono poesie irruenti, intimamente tumultuose: gridando, mormorano. Esse sconvolgono certezze, partoriscono dubbi, si sradicano dal consueto, dal conosciuto per trasportarci in una dimensione apparentemente ignota. Una dimensione che saremmo tentati di definire esotica, questo non solo per la faciloneria che tanto ci caratterizza quando si tratta di definire il non ancora scoperto, averlo voluto tenere lontano, ma soprattutto per l'ignoranza profonda, a volte persino ostentata, che abbiamo del nostro simile, ovunque abiti, da ovunque giunga.