Pesaro è stata una capitale culturale ben prima che il Ministero della Cultura italiano le attribuisse questo riconoscimento per l'anno 2024. Già nel XVIII secolo la fioritura degli studi classici ed antiquari promossa da personalità come Annibale degli Abati Olivieri e Giovanni Battista Passeri, proseguita nell'Ottocento con l'attività poetico-letteraria di Giulio Perticari aveva ispirato la sua definizione di "Atene delle Marche", ben sceneggiata negli Orti Giuli dedicatigli dalla città nel 1837; tempestiva celebrazione di un concittadino illustre che precedette di poco quella del grande Rossini, cui fu intestato il Teatro nel 1854, quando era ancora in vita. Ma già nel secolo XV il Palazzo Ducale di Pesaro era stato famoso per la notevole biblioteca, poi andata distrutta in un incendio, e, quando, un secolo dopo gli Sforza, i Della Rovere trasferirono qui la corte del Ducato di Urbino, Pesaro divenne una "Città Giardino" per le ville di delizia costruite dalle famiglie nobili locali sul colle San Bartolo, Villa Miralfiore, Vedetta, Villa Vittoria, Villa Caprile, che cercavano di imitare la Villa Imperiale, così chiamata in onore dell'imperatore Federico III, visitata da tutti i grandi di passaggio. Anche nei pressi del Palazzo Ducale c'era un giardino privato, il Barchetto, parco popolato di animali e piante esotici, rovine artificiali e un casino rustico, mèta degli uomini più illustri come Bembo, Castiglione, Montaigne, Bernardo e suo figlio Torquato Tasso, che vi abitarono nel 1556-57, e dove Bernardo scrisse l'Amadigi. Questa raccolta di Nando Cecini, collezionista e studioso di libri di viaggio, offre un repertorio raffinato delle osservazioni, annotazioni, emozioni provate dai grandi personaggi di passaggio a Pesaro che restituiscono un suo "doppio": una "città di carta", come la definisce l'autore, costruita con le parole e le idee, alla ricerca del genius loci. Dentro questi "palazzi della memoria" rivivono, tra gli altri, Giacomo Stuart, che si era sistemato nel Palazzo Almerici nel 1717 dopo essere stato spodestato da Cromwell, Carolina di Brunswick, moglie di re Giorgio IV d'Inghilterra e principessa del Galles, che aveva acquistato la Villa Vittoria, innamoratasi di un palafreniere nominato barone, e Stendhal, che, ospite dei conti Mosca a Villa Caprile, nel 1812-13, scriveva scandalizzato di quella tresca, lamentandosi di essere caduto battendo il sedere.